venerdì 3 settembre 2010
Del panico e di altri demoni - esperienze personali
C'erano giorni in cui il panico non mi lasciava mai perché, se non era l'attacco vero e proprio, rimaneva l'ansia anticipatoria, l'angoscia, il pensiero ossessivo legatoi alla paura. Paura di non farcela, di non uscirne, paura di una malattia e poi di un'altra. C'erano giorni in cui la mia mente era solo paura. Prima di sapere cosa fosse rimanevo a tremare, alimentavo i miei pensieri scannerizzandoli, sminuzzandoli e facendoli precipitare verso pensieri sempre più catastrofici. Per me è stato necessario un aiuto farmacologico ed è stato fondamentale rivolgermi a uno psichiatra ma questo è un aiuto, il resto l'ho fatto da sola. Per prima cosa, quando i pensieri ossessivi si attaccano addosso è necessario cercare di svagarsi in tutti i modi, meglio se in compagnia. Magari si resterà a casa ma impegnarsi in un'attività consente alla mente di staccare, anche per pochi minuti e offre la possibilità di non sperimentare il terrore in modo continuativo. I farmaci d'elezione per il Dap sono antidepressivi ed occorrono 20-30 giorni perché comincino a fare effetto. Non bisogna spaventarsi se non si ottiene un miglioramento immediato, arriverà, ci vuole tempo ma, nell'attesa, è importante tenersi il più impegnati possibile, anche se non se ne ha nessuna voglia. Chiedere aiuto sia a un terapeuta che alle figure importanti della propria vita. Non vergognarsi di dire "ho bisogno di aiuto" è un passo importantissimo e poi, per qualche tempo, accettare le stampelle che ci offrono le persone che ci sono vicine. Lasciarci distrarre da noi stessi, dal terrore ossessivo è fondamentale.
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Attacchi di panico - come superarli
In alcuni casi gli attacchi di panico si risolvono spontaneamente e la persona riprende la sua vita senza portarsi dietro strascichi dell'episodio ma, in molti più casi è utile una terapia cognitivo-comportamentale (ci sono diverse tipologie di terapeuti che si distinguono in base alla loro specializzazione, gli studi fatti sugli attacchi di panico hanno dimostrato che una terapia cognitiva comportamentale è più efficace della psicanalisi nell'affrontare e curare il disturbo). In ogni caso gli specialisti concordano nel ritenere che la terapia d'elezione nel caso di disturbo da attacchi di panico (DAP) sia basata sull'unione di terapia farmacologica e di terapia cognitiva comportamentale.
Personalmente non ho avuto esiti positivi con la sola psicoterapia ma ho sconfitto il panico grazie all'uso di un ssri (inibitore selettivo della ricaptazione della serotonina), salvo una sporadica e recente ricaduta (in questo caso bisogna subito rivolgersi al proprio psichiatra-psicologo-neurologo perché la molecola usata potrebbe aver perso la propria efficacia e la terapia andrà allora riformulata) grazie alla sola terapia farmacologica non soffro più di attacchi di panico da dodici anni circa anche se rimango una persona ansiosa e con evitamenti fobici.
Non c'è un metodo efficace per tutti ma ce ne sono diversi e ognuno potrà trovare beneficio da un particolare approccio terapeutico. L'importante è sapere che si può uscire dall'inferno del panico. Si può e sarebbe bello se qui condividessimo i nostri percorsi, le nostre lotte, le nostre esperienze.
Personalmente non ho avuto esiti positivi con la sola psicoterapia ma ho sconfitto il panico grazie all'uso di un ssri (inibitore selettivo della ricaptazione della serotonina), salvo una sporadica e recente ricaduta (in questo caso bisogna subito rivolgersi al proprio psichiatra-psicologo-neurologo perché la molecola usata potrebbe aver perso la propria efficacia e la terapia andrà allora riformulata) grazie alla sola terapia farmacologica non soffro più di attacchi di panico da dodici anni circa anche se rimango una persona ansiosa e con evitamenti fobici.
Non c'è un metodo efficace per tutti ma ce ne sono diversi e ognuno potrà trovare beneficio da un particolare approccio terapeutico. L'importante è sapere che si può uscire dall'inferno del panico. Si può e sarebbe bello se qui condividessimo i nostri percorsi, le nostre lotte, le nostre esperienze.
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Disturbo da attacchi di panico
- Senso di soffocamento
- Difficoltà respiratorie
- Tremori
- Tachicardia
- Sudorazione
- Vertigini
- Groppo alla gola
Ai sintomi fisici si aggiungono percezioni psicologiche terrorizzanti fra cui è comune una percezione come di morte imminente o di follia.
Questo quanto riportato dal DSM IV.
"Gli attacchi di panico durano generalmente solo pochi minuti ma causano al paziente una considerevole angoscia. Oltre ad allarmanti sintomi fisiologici, come soffocamento, vertigini, sudorazione, tremore e tachicardia, i pazienti con disturbo da attacchi di panico spesso avvertono una sensazione di morte imminente. La maggior parte dei pazienti con attacchi di panico soffre anche di agorafobia (la paura di essere intrappolato in un luogo o in una situazione dai quali la fuga può essere difficile o tremendamente imbarazzante). Siccome gli attacchi di panico sono ricorrenti, i pazienti spesso sviluppano una forma secondaria di ansia anticipatoria preoccupandosi perennemente di dove e quando avverrà l'attacco successivo. I pazienti con disturbo da attacchi di panico e agorafobia spesso riducono i propri viaggi per cercare di controllare la temuta situazione di avere un attacco di panico in un luogo dal quale non se ne possono andare facilmente".
Personalmente il quadro clinico mi calza alla perfezione.
E' importante aggiungere alcune considerazioni. Molto spesso un attacco di panico si presenta dopo aver vissuto un periodo di forte stress o anche solo una situazione particolarmente stressante. Questo ha portato alcuni studiosi a ritenere che, alla base dell'attacco di panico, vi sia una vulnerabilità biologica, forse di carattere ereditario che, in seguito a un evento ambientale stressante, porterebbe a sviluppare il disturbo. Detto in altri termini pare che gli attacchi di panico colpiscano chi ha una predisposizione genetica ma solo se nel corso della vita di queste persone si presenta un fattore scatenante che, spesso, ha la forma di uno stress. Ad esempio non sono poche le persone che incorrono nel loro primo attacco prima o dopo l'esame di maturità o anche in corrispondenza di un cambiamento positivo della loro vita.
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Che cos'è? Cosa mi sta succedendo? Esperienza personale...
La prima volta che ebbi un attacco di panico credetti che non ne sarei sopravvissuta. All'improvviso, senza nessun pericolo, in una situazione di calma successiva a un grosso stress, sentì una fitta al torace. La mia mente corse a pensare che si stesse manifestando un attacco di cuore e che non sarei sopravvissuta. Tachicardia, respiro affannoso, giramenti di testa, groppo alla gola, senso di svenimento i sintomi fisici a cui so che se ne possono aggiungere molti altri. I pensieri erano orribili, pensavo che sarei morta, durante quel primo attacco e, in ogni caso, non avevo la minima idea di quel che mi stava capitando. Non lo sapevo spiegare e, una volta passata la fase del terrore acuto, mi rimase la convinzione di stare impazzendo. Perché non sapevo né cosa avevo né come raccontarlo a chi mi stava attorno.
Dopo il primo episodio ne sono seguiti infiniti, quasi ogni giorno avevo terrore e, quando non era panico, era la paura che si ripresentasse tutta la risma dei sintomi (ansia anticipatoria). Cominciai a evitare determinati luoghi, specialmente quelli affollati o che non presentavano facili vie di fuga perché ero dominata dal pensiero che, se fossi stata male non mi sarei riuscita a salvare in un luogo lontano da chi mi voleva bene o che non permetteva di raggiungere facilmente un ospedale. In breve sono arrivata a non uscire più di casa poi, piano piano, ho incominciato a muovermi nelle vicinanze ma sempre accompagnata da una persona di fiducia. Era un incubo, ero all'inferno. Inoltre non sapendo dare un nome a quello che mi stava succedendo, pensai di essere pazza e subentrò un profondo senso di vergogna e di fallimento. Nel corso degli anni questo senso di diversità, di anormalità si sarebbe trasformata in una depressione abbastanza tenace.
Per un anno ho convissuto con attacchi di panico quotidiani che limitavano profondamente la mia vita senza riuscire a dare un nome a quello che stava succedendo. Esami medici, corse all'ospedale in preda all'affanno e alla tachicardia, ipocondria, paura di stare sola, tranquillanti presi a caso e sporadicamente, paura, vergogna, idee continuative che andavano dalla morte alla follia passando, brevemente, per periodi in cui avevo paura di far del male agli altri. Non avevo più controllo né su di me né sulla mia vita e, nel corso di quell'anno, mi ridussi a essere dominata dal terrore. Perché il panico ti porta via la vita.
Poi la mia famiglia mi convinse a rivolgermi a una terapeuta che finalmente diede un nome a quell'incomprensibile, devastante quantitativo di sintomi fisici e psicologici: attacchi di panico.
Da allora sono passati quasi 20 anni. Ho fatto terapia, ho studiato e continuo a farlo, ho smesso di vergognarmi, ho lottato ogni giorno perché di una cosa sono sempre stata certa, che fra quella cosa orribile che mi capitava ed io, avrei vinto io.
Gli attacchi di panico hanno una caratteristica, sono recidivi per cui, dopo lunghi periodi di benessere, può capitare che si ripresentino e, ogni volta, è un precipitare nuovamente nel buio ma, l'importante, quello che devono sapere tutti è che da tutto questo si può uscire e la vita può ritrovare le sue caratteristiche positive.
Lotto ancora contro le paure che si sono cristallizzate, contro certi luoghi che sono diventati sterrati, luoghi dell'anima. Contro il senso di colpa, l'inadeguatezza, fatico ancora ad accettarmi e a non invidiare le "persone normali" - sempre che esistano - ma so che cos'ho e so come affrontarlo, so che ogni giorno è un'avventura che vale la pena percorrere fino in fondo e so che è una violenza brutale che facciamo verso noi stessi quella di vergognarci o sentirci inferiori a chi non conosce gli attacchi di panico. Non li maledico più. Hanno formato la mia personalità che, nel bene o nel male, è unica e ha un senso della vita profondo: conosce, ama follemente la bellezza, le piccole cose, un attimo di sole perché ha conosciuto l'abisso.
Non avrei riconosciuto la bellezza se non avessi conosciuto l'orrore.
Dopo il primo episodio ne sono seguiti infiniti, quasi ogni giorno avevo terrore e, quando non era panico, era la paura che si ripresentasse tutta la risma dei sintomi (ansia anticipatoria). Cominciai a evitare determinati luoghi, specialmente quelli affollati o che non presentavano facili vie di fuga perché ero dominata dal pensiero che, se fossi stata male non mi sarei riuscita a salvare in un luogo lontano da chi mi voleva bene o che non permetteva di raggiungere facilmente un ospedale. In breve sono arrivata a non uscire più di casa poi, piano piano, ho incominciato a muovermi nelle vicinanze ma sempre accompagnata da una persona di fiducia. Era un incubo, ero all'inferno. Inoltre non sapendo dare un nome a quello che mi stava succedendo, pensai di essere pazza e subentrò un profondo senso di vergogna e di fallimento. Nel corso degli anni questo senso di diversità, di anormalità si sarebbe trasformata in una depressione abbastanza tenace.
Per un anno ho convissuto con attacchi di panico quotidiani che limitavano profondamente la mia vita senza riuscire a dare un nome a quello che stava succedendo. Esami medici, corse all'ospedale in preda all'affanno e alla tachicardia, ipocondria, paura di stare sola, tranquillanti presi a caso e sporadicamente, paura, vergogna, idee continuative che andavano dalla morte alla follia passando, brevemente, per periodi in cui avevo paura di far del male agli altri. Non avevo più controllo né su di me né sulla mia vita e, nel corso di quell'anno, mi ridussi a essere dominata dal terrore. Perché il panico ti porta via la vita.
Poi la mia famiglia mi convinse a rivolgermi a una terapeuta che finalmente diede un nome a quell'incomprensibile, devastante quantitativo di sintomi fisici e psicologici: attacchi di panico.
Da allora sono passati quasi 20 anni. Ho fatto terapia, ho studiato e continuo a farlo, ho smesso di vergognarmi, ho lottato ogni giorno perché di una cosa sono sempre stata certa, che fra quella cosa orribile che mi capitava ed io, avrei vinto io.
Gli attacchi di panico hanno una caratteristica, sono recidivi per cui, dopo lunghi periodi di benessere, può capitare che si ripresentino e, ogni volta, è un precipitare nuovamente nel buio ma, l'importante, quello che devono sapere tutti è che da tutto questo si può uscire e la vita può ritrovare le sue caratteristiche positive.
Lotto ancora contro le paure che si sono cristallizzate, contro certi luoghi che sono diventati sterrati, luoghi dell'anima. Contro il senso di colpa, l'inadeguatezza, fatico ancora ad accettarmi e a non invidiare le "persone normali" - sempre che esistano - ma so che cos'ho e so come affrontarlo, so che ogni giorno è un'avventura che vale la pena percorrere fino in fondo e so che è una violenza brutale che facciamo verso noi stessi quella di vergognarci o sentirci inferiori a chi non conosce gli attacchi di panico. Non li maledico più. Hanno formato la mia personalità che, nel bene o nel male, è unica e ha un senso della vita profondo: conosce, ama follemente la bellezza, le piccole cose, un attimo di sole perché ha conosciuto l'abisso.
Non avrei riconosciuto la bellezza se non avessi conosciuto l'orrore.
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Di cosa parliamo quando parliamo di ansia
L'ansia è una componente fisiologica fondamentale che si è evoluta per difenderci dai pericoli insiti nell'ambiente. E' normale avere paura di fronte a un pericolo reale. In questo caso i nostri muscoli si tendono, il cuore batte più forte per garantire un maggiore apporto di ossigeno, siamo pronti insomma alla reazione di attacco o fuga. Questo è un meccanismo evolutivo che si è sviluppato per garantire la nostra stessa sopravvivenza. E' ansia fisiologica e non ha ripercussioni sul normale svolgimento della nostra vita, anzi ci protegge, consente di riconoscere i pericoli ed è una tutela per noi. Se non avessimo la capacità di riconoscere un pericolo e di attivare il nostro organismo per affrontarlo metteremo continuamente a repentaglio la nostra incolumità.
Ma quando l'ansia diventa patologica? Quando i meccanismi di tensione e allerta scattano in assenza di un pericolo reale e, spesso, diventano invalidanti perché non consentono una vita relazionale e personale soddisfacente.
Pur considerandone i limiti e giudicandolo spesso imperfetto, citerò frequentemente, come fonte di informazione, il DSM IV (l'acronimo sta per "Manuale Diagnostico e statistico dei disturbi mentali") che è, ad oggi, uno dei maggiori, se non il principale, strumento diagnostico utilizzato dagli psicologi e dagli psichiatri di tutto il mondo.
Nel DSM IV sono state costruite tre diverse categorie diagnostiche legate all'ansia: disturbi d'ansia, disturbi somatoformi e disturbi dissociativi. "La prima di tali categorie, i disturbi d'ansia, è stata a sua volta suddivisa in disturbo da attacchi di panico, fobie, disturbo ossessivo compulsivo, disturbo post traumatico da stress e disturbo d'ansia generalizzato."
***
"Una crescente mole di evidenze empiriche collega lo sviluppo di alcune forme di ansia a meccanismi biologici. Una infusione di lattato indurrà attacchi di panico in pazienti che soffrono di questo disturbo. Le percentuali di concordanza per certi disturbi d'ansia sono più elevate nei genelli monozigoti che in quelli dizigoti. Alcune ricerche suggeriscono che l'attacco di panico acuto nasce nel tronco cerebrale e riflette un'iperattività spontanea di nuclei noradrenergici, in associazione con una diminuita soglia di eccitazione dei chemiorecettori respiratori midollari. Altre alterazioni del funzionamento biologico sono state messe in relazione con specifici disturbi d'ansia".
***
"Ricerche genetiche (Lesch et al., 1996) hanno dimostrato che gli individui con una versione più corta del gene coinvolto nel trasporto della serotonina possono avere una maggiore ansia, associata a un temperamento nevrotico, rispetto a quelli che hanno una versione più lunga del gene. Il gene più corto codifica per una proteina che è meno efficace nel trasportare la serotonina. Quasi il 70% degli individui ha una versione più corta e meno efficiente del gene, che si traduce in una maggiore ansia. Un'interpretazione di questo dato è che questa distribuzione possa essere in effetti il riflesso di una selezione naturale, nel senso che gli individui tendenzialmente più ansiosi potrebbero essere meglio equipaggiati per sopravvivere rispetto a coloro che sono meno preoccupati o apprensivi".
Ma quando l'ansia diventa patologica? Quando i meccanismi di tensione e allerta scattano in assenza di un pericolo reale e, spesso, diventano invalidanti perché non consentono una vita relazionale e personale soddisfacente.
Pur considerandone i limiti e giudicandolo spesso imperfetto, citerò frequentemente, come fonte di informazione, il DSM IV (l'acronimo sta per "Manuale Diagnostico e statistico dei disturbi mentali") che è, ad oggi, uno dei maggiori, se non il principale, strumento diagnostico utilizzato dagli psicologi e dagli psichiatri di tutto il mondo.
Nel DSM IV sono state costruite tre diverse categorie diagnostiche legate all'ansia: disturbi d'ansia, disturbi somatoformi e disturbi dissociativi. "La prima di tali categorie, i disturbi d'ansia, è stata a sua volta suddivisa in disturbo da attacchi di panico, fobie, disturbo ossessivo compulsivo, disturbo post traumatico da stress e disturbo d'ansia generalizzato."
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"Una crescente mole di evidenze empiriche collega lo sviluppo di alcune forme di ansia a meccanismi biologici. Una infusione di lattato indurrà attacchi di panico in pazienti che soffrono di questo disturbo. Le percentuali di concordanza per certi disturbi d'ansia sono più elevate nei genelli monozigoti che in quelli dizigoti. Alcune ricerche suggeriscono che l'attacco di panico acuto nasce nel tronco cerebrale e riflette un'iperattività spontanea di nuclei noradrenergici, in associazione con una diminuita soglia di eccitazione dei chemiorecettori respiratori midollari. Altre alterazioni del funzionamento biologico sono state messe in relazione con specifici disturbi d'ansia".
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"Ricerche genetiche (Lesch et al., 1996) hanno dimostrato che gli individui con una versione più corta del gene coinvolto nel trasporto della serotonina possono avere una maggiore ansia, associata a un temperamento nevrotico, rispetto a quelli che hanno una versione più lunga del gene. Il gene più corto codifica per una proteina che è meno efficace nel trasportare la serotonina. Quasi il 70% degli individui ha una versione più corta e meno efficiente del gene, che si traduce in una maggiore ansia. Un'interpretazione di questo dato è che questa distribuzione possa essere in effetti il riflesso di una selezione naturale, nel senso che gli individui tendenzialmente più ansiosi potrebbero essere meglio equipaggiati per sopravvivere rispetto a coloro che sono meno preoccupati o apprensivi".
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Nevrotico Tour
Questo blog nasce con l'intento di aiutare a capire i principali disagi legati alla sfera emotiva e a quelle che sono comunemente indicate come nevrosi. La speranza è quella di poter fornire un aiuto a chi si trova a fronteggiare una vasta gamma di sintomi che spesso limitano significativamente il benessere individuale e portano a delle invalidanti restrizioni sia nella vita affettiva che in quella personale. Le informazioni derivano da una personale esperienza, ormai ventennale, con ansia, attacchi di panico e depressione. Per capire cosa mi stava succedendo mi sono rivolta a diversi specialisti e ho studiato approfonditamente i meccanismi biologici e psicologici legati a questi disagi. So che chi soffre di attacchi di panico e depressione, molto spesso, tiene segreta la sua condizione perché ha paura di essere stigmatizzato come folle o, semplicemente, diverso. Vorrei aiutare chi soffre - e so che è una sofferenza terribile - di tutto questo a comprendere che non ha responsabilità in quello che gli sta capitando, che non è assolutamente folle e, soprattutto, che da tutto ciò si può guarire.
Spero anche che questo possa diventare una sorta di gruppo di auto-mutuo-aiuto virtuale dove raccontare le proprie esperienze e confrontarsi liberamente. Anche divagando, perché no, la vita non è solo panico e la psicologia è un universo affascinante che esplorerò sperando di farvi cosa gradita.
N.b. Questo blog vuole essere una fonte di condivisione delle proprie esperienze e fornire informazioni generiche sui principali disturbi legati all'ansia e alla sfera emotiva ma non sostituisce assolutamente il parere di un esperto a cui si rimanda sempre per avere una diagnosi e un piano terapeutico. Non ho nessuna qualifica per sostituirmi a uno specialista a cui ogni persona che soffre di questi disturbi dovrebbe assolutamente rivolgersi.
Spero anche che questo possa diventare una sorta di gruppo di auto-mutuo-aiuto virtuale dove raccontare le proprie esperienze e confrontarsi liberamente. Anche divagando, perché no, la vita non è solo panico e la psicologia è un universo affascinante che esplorerò sperando di farvi cosa gradita.
N.b. Questo blog vuole essere una fonte di condivisione delle proprie esperienze e fornire informazioni generiche sui principali disturbi legati all'ansia e alla sfera emotiva ma non sostituisce assolutamente il parere di un esperto a cui si rimanda sempre per avere una diagnosi e un piano terapeutico. Non ho nessuna qualifica per sostituirmi a uno specialista a cui ogni persona che soffre di questi disturbi dovrebbe assolutamente rivolgersi.
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